Chi tra coloro che hanno percorso tutto o in parte il
cammino di Santiago di Compostela non ha
pensato, almeno per un istante, nelle lunghe ore di marcia tra mesetas, campi,
boschi, salite e discese, alle migliaia di pellegrini che fin
dal medioevo hanno posato i piedi su quelle
stesse pietre?
Pierre Barret e Jean
Noel Gurgand, due
storici francesi piuttosto importanti, dopo un lungo e meticoloso lavoro di
ricerca tra archivi, testamenti e diari di viaggio, hanno ricostruito le storie di
alcuni personaggi che hanno calcato uno dei cammini più antichi e famosi in
Europa e che ne hanno, in qualche modo, lasciato testimonianza scritta.
La stesura del testo è piuttosto interessante e
raccoglie le varie esperienze dei
pellegrini che, nel medioevo come nel 1700, si sono ritrovati ad affrontare
problemi, a visitare luoghi, ad incontrare persone e a vivere sensazioni che
scopriamo essere non troppo diverse da
quelle che proviamo noi oggi ripercorrendo quegli stessi tratti.
Il mal di
piedi, la fame, la paura di essere rapinati, la gioia per
un panorama speciale, l’entusiasmo per gli ultimi chilometri prima della meta
si scoprono essere più o meno gli stessi oggi come allora. Quando leggiamo che,
arrivando a Roncisvalle dopo la salita da Saint Jean Pied de Port qualcuno non
ha trovato rifugio ed ha dovuto proseguire, poco importa se ciò è avvenuto nel
decimo, quattordicesimo, sedicesimo o ventesimo secolo, possiamo capire
perfettamente la fatica, lo scoramento e la delusione. Così come l’attraversamento
delle mesetas, gioia
e paura di tutti i pellegrini, o la salita sui monti della Galizia, con freddo e vento sempre in agguato. E poi l’arrivo
a Santiago, la meta, per tutti la stessa meta immutata da secoli, ma nessuno
che si fermi mai più di un paio di giorni. Per alcuni arriva presto l’ora di
rimettersi in marcia per tornare a casa, a piedi ovviamente, per altri è invece
il momento di proseguire, ma il Santo che tanto si è immaginato, atteso,
cercato, non chiede mai a nessuno di fermarsi troppo al suo cospetto. Basta poco
ed è già ora di andare.
I due autori hanno percorso il cammino di Santiago da
Vezelay nel 1977 quando il Cammino era immerso nell’oblio, i pellegrini
venivano scambiati per malviventi e l’ospitalità non era da darsi per scontata
come forse avviene oggi. Stupisce leggendo nelle ultime pagine del libro il
diario dei due storici e accorgersi che tra noi e loro sono passati molti meno
anni rispetto a quanti ne sono trascorsi tra loro ed i pellegrini dei secoli
passati, eppure, il loro viaggiare, mi è parso più simile a quello che al
nostro. Camminare senza conoscere con certezza la strada, senza frecce gialle o conchiglie stilizzate che indichino la via, non
sapere se si troverà da dormire e da mangiare, dover chiedere ospitalità al
sindaco piuttosto che al parroco senza che questa sia frutto di un’organizzazione
funzionante come avviene oggi, poco a che vedere con ciò che viviamo oggi sul Cammino.
Insomma negli ultimi anni il pellegrinaggio verso
Santiago de Compostela ha visto uno dei periodi di maggior frequentazione,
anche grazie alla ristrutturazione dei percorsi ed alla rete di rifugi pubblici
e privati a disposizione dei pellegrini e questo ha tolto quasi del tutto il “rischio”
della partenza. Certo è faticoso camminare per tanti chilometri e le vesciche ed i tendini fanno male oggi come allora – anzi, forse
un tempo erano anche più abituati – ma partiamo con la certezza che troveremo
da dormire in qualche modo e anche da mangiare, che in un momento qualunque
possiamo prendere un taxi o un bus per arrivare al paese successivo e che con
poche ore di aereo potremmo essere addirittura a casa senza doverci preoccupare
del ritorno tanto quanto dell’andata. Non parliamo poi dell’attrezzatura! Quanti
pellegrini hanno consumato le scarpe sulle vie per Compostela, quanti sono
arrivati davanti alla tomba dell’Apostolo a piedi scalzi! Quanti sono tornati a
casa con addosso solo uno straccio o pochi panni consunti! Un solo mantello per
il freddo e per la pioggia, una zucca cava per l’acqua ed un bordone utile non
tanto per il cammino quanto per cani, lupi ed altri animali dai quali si
correva il rischio di essere aggrediti. Noi ci incamminiamo con le scarpe
migliori, zaini ultra leggeri, bastoni da trekking e sacchi a pelo
confortevoli. Un’ultima cartina al tornasole, se ce ne fosse bisogno, della
differenza tra i cammini di allora e quelli di oggi? Quanti oggi, prima di
partire per Santiago, fanno testamento? Ecco,
una delle maggiori fonti di informazioni circa i pellegrinaggi verso Santiago
sono stati i testamenti redatti prima della partenza e questo dovrebbe bastare
per comprendere la consapevolezza con cui
affrontavano questo viaggio.
Alla conquista di Compostela è un libro avvincente che
sarà particolarmente apprezzato da chi è già stato in quei luoghi perché potrà
riconoscersi in quei pellegrini medievali. Ma alla fine cosa distingue il
pellegrino moderno da quello antico? Secondo gli autori:
“…la fede è quel che più ci manca per ritrovarci nelle condizioni di quei pellegrini. Essi vivevano sulla strada una grande avventura, alimentata da preghiere e canti di strada che davano cuore alle gambe e mantenevano il contatto con l’aldilà, punteggiato di miracoli, di reliquie, di leggende. Essi seguivano la stella.”Alla conquista di Compostela
di Pierre Barret e Jean Noel Gurland
ed. Piemme 2000
pagine 352